mercoledì 17 giugno 2020

80. Occhiali nuovi.

Inizio a provare amarezza, perché tutto sta tornando alla normalità. Dove con il termine “normalità” intendo “come prima”. Se c’è qualcosa che dalla pandemia dovevamo trarre come insegnamento, era proprio che nulla doveva essere più come prima. Anche l'esercizio della politica dovrebbe essere “diverso”.

Di questo periodo mi colpiscono gli estremi.
Per vincere la sfida del virus come società, abbiamo dovuto isolarci come individui.
Il migliore modo di stare vicino ai propri cari, soprattutto se anziani, era quello di stare separati e lontani da loro.
Timore, paura, rabbia, impotenza, sgomento: tutti sentimenti che abbiamo provato tutti, con minore o maggiore intensità.
Soprattutto, tutti i riferimenti che consideravamo certi, di colpo non erano più tali: ivi compreso il futuro, le proprie aspettative, i progetti, il domani.

Per me non deve essere come prima.
Anche l’esercizio della politica, almeno a livello locale, dovrebbe cambiare i suoi “riti”.
Esaltare il lavoro di squadra e sapere lavorare in squadra; abbandonare le vecchie logiche e fare spazio alle competenze e al contributo che come persona ciascuno di noi può dare.
Siamo una comunità, non solo di nome.
Uscire dai soliti schemi dell’attacco personale all'avversario di turno; esaltare le differenze di visioni e di idee, per trovare una sintesi e una collaborazione e non per scavare confini. 
Sono occhiali da lettura nuovi, quelli che dobbiamo indossare. Abbiamo toccato con mano quanto provvisoria e mutevole sia ogni cosa, per non capire che è la logica di squadra l’unica cosa che può marcare oggi la realtà rispetto al “prima”.

Carlo Zaramella 

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